Un tempo la sfida era a chi lavava più bianco. Lenzuola o riciclaggio di danaro sporco era uguale. La differenza la faceva casomai il risultato. Il bianco doveva essere brillante e insuperabile. Oggi però le priorità sono altre. Dal bianco si è passati al verde. Al sostenibile, ancora meglio se ecologico. Eppure in molti casi si tratta soltanto di un’operazione di facciata. Di greenwashing. Un neologismo inglese che generalmente viene tradotto proprio come ambientalismo di facciata. Una verniciata di verde e via.
Quella del greenwashing è una rodata strategia di comunicazione che certe aziende, organizzazioni o istituzioni politiche adottano per dare di sé un’immagine positiva, rispettosa dell’ambiente. Ma, in realtà, le cose non stanno esattamente così come appaiono o come ci vengono furbescamente vendute. Essere rispettosi della natura che ci circonda, spesso, è più facile a dirsi che a farsi. Troppo spesso ci si dichiara amici dell’ambiente più per convenienza, che per esserlo davvero. Quindi è solo un trucco per farsi belli?
Di recente, la Commissione europea in collaborazione con le autorità nazionali a tutela dei consumatori ha pubblicato i risultati di un’analisi a campione per smascherare i verdi farlocchi. Nel 42% dei casi, sì, le affermazioni erano quantomeno esagerate se non addirittura false. In altre parole, 4 aziende su 10, fanno l’esatto opposto di ciò che dicono. E dicono quello che dicono per ingraziarsi i consumatori che sono alla ricerca di prodotti rispettosi dell’ambiente.
Uno dei maggiori esempi di greenwashing se guardiamo alla vicina Italia è quello di Eni. Stando alla pubblicità che la riguarda l’azienda energetica (l’acronimo sta per Ente Nazionale Idrocarburi) si dipinge come un’azienda molto attenta all’ambiente. Guardando ai prossimi anni, però, i suoi investimenti sono ancora in larga parte nei combustibili fossili. Eni è stata perfino sanzionata (con una multa milionaria) dall’Unione europea, per pratica commerciale ingannevole, avendo pubblicizzato come green ed ecosostenibile un bio diesel prodotto a partire dall’olio di palma.
Peccato però che, per produrlo, si proceda con la deforestazione in Paesi come l’Indonesia e la Malesia. Una strategia da fumo negli occhi adottata anche da numerose altre aziende che si riempiono la bocca di parole vuote: consapevole, sostenibile, impatto zero. Parole che servono a farci credere che dietro ci sia davvero una consapevolezza e un comportamento rispettoso nei riguardi dell’ambiente. Ma alla resa dei conti, di davvero ecologico e sostenibile, non c’è proprio un bel niente.