A volte le strambe incursioni dei ricercatori nell’ infinito mondo delle sperimentazioni scientifiche risultano spiazzanti e anche stravaganti. Oggi, per esempio , leggo che i moscerini della frutta , se posti in rigoroso isolamento per un significativo periodo, tendono a dormire meno del dovuto e a mangiare smodatamente. La responsabilità di questo comportamento sarebbe da attribuire a particolari neuroni che fungono da veri e propri ” timer” degli stati di solitudine.
La scoperta di questa dinamica è stata verificata da un gruppo di ricercatori della università di Rockefeller e le sue risultanze sono state pubblicate sulla autorevole rivista Nature.
La notizia, seppur minima in quanto rapportata a questi infinitesimali insetti dell’ordine dei Ditteri, ha una sua valenza e può irrobustire il nostro complessivo bagaglio di cultura generale. Che poi la scienza abbia deciso di concentrarsi su queste minime apparenti “pochezze” della natura, viene a conferire ulteriormente loro una forma di riabilitazione nei valori della scala sociale.
L’auspicio è proprio quello del ridimensionamento di taluni luoghi comuni abusati e fondamentalmente poco divertenti, mi riferisco in particolare a quella sorta di banale barzellettina vecchia come il cucco dove un piccolo moscerino chiede al padre: ” Babbo, posso andare al circo?” con la conseguente sadica risposta: “Ma certamente, tesoro. Però stai molto attento quando la gente applaude.”
I moscerini della frutta , scientificamente chiamati ” Drosophila melanogaster” sono insetti largamente utilizzati nei vari test di laboratorio ed è dimostrato che sono esseri con una spiccata tendenza alla cordialità e alla socializzazione.
Al pari degli umani, rivelano alcune aree di debolezza e soprattutto le interminabili fasi di segregazione coatta stravolgono le loro corrette abitudini, convertendoli in abominevoli crapuloni e pappatori a quattro palmenti che tralasciano la saggezza del sonno sposando la prosaicità dell’ingozzarsi.
Per cui se durante il lockdown avete preso qualche chilo, sappiate che siete in buona compagnia.
La professoressa Wahne Li, una delle più autorevoli autrici dello studi, sostiene che questo ulteriore passo di conoscenza sulle attitudini della drosofila “Potrebbe aiutare a far luce sui cambiamenti riguardanti l’intero ventaglio dei mammiferi”.
Il tutto deriva da una azione di progressiva stimolazione dei neuroni P2.
E qui ci fermiamo, diventando l’argomento tecnicamente troppo ostico.
Metabolizzata comunque l’interessante indagine, mi accingo a inforcare la mia vecchia cara moto con la netta determinazione di non sparare la solita frase del menga : “Non capisco che cosa spinga i moscerini a prendere sempre le strade contromano.”