Il 23 settembre, veniva fondata la repubblica di Salò, ultimo baluardo della cieca fede fascista. Perciò di Camillo Berneri, filosofo, scrittore e anarchico italiano morto sul fronte antifascista spagnolo, ho riletto in questi giorni alcuni interessantissimi passi del saggio “Mussolini grande attore”, una ristampa riveduta e ampliata dell’edizione “Mussolini psicologia di un dittatore”: già alcuni titoli dell’indice offrono spunti emblematici tipo “Il Barnum degli dei”, “Il tribuno”, “Il mito del demiurgo” , “Il superuomo” e “L’attore – regista”
In una acuta analisi imperniata sulla demagogia oratoria e sulla spallata ipnotica inferta a un’intera nazione, emerge soprattutto la immane forza della propaganda nell’ambito delle scuole primarie, dove alunni e alunne ebbero a subire una tempesta manipolatoria di straordinaria efficacia.
Furono in effetti le scuole uno dei granai più prolifici, destinati a plasmare gli entusiasmi plagiati e le gonfiate suggestioni che trovavano poi l’immancabile sublimazione nell’addestramento della gioventù fascista, sino alla esacerbazione dell’estasi nei Campi Dux dove alitava, cadenzato e prepotente, lo slogan a mascella slogata: “Libro e moschetto fascista perfetto”.
Quanto ai moschetti, per la maggior parte si rivelarono, nel momento della bisogna, una “mosconata”, per inefficienza, macchinosità e obsoleta datazione.
È pregno di surreali riferimenti il diario di una diligente e plasmata alunna che elenca l’interminabile sequenza delle fasi lunari e lunatiche delle orbite ducesche: la maestra che illustra ed enfatizza la strategica funzione della Battaglia del grano; la commemorazione di Crispi con l’inevitabile parallelo fra un mito consolidato e un futuro mito; la trepidante sottolineatura dell’anniversario della Marcia su Roma; la Giornata del riso, proclamato alimento nazionale e iper nutrizionale; la sacralità dell’anniversario della fondazione dei Fasci di combattimento; la conclamata Giornata del Pane e il pingue sanguigno riepilogo dei proclami.
In ogni aula si distribuiva gratuitamente “La vita di Mussolini ” tratteggiata dalla penna, a passo d’oca, di Giorgio Pini, e le sedi più fortunate disponevano di un fonografo che serviva a fare intendere, la voce del padrone.
Il culto del “capo assoluto” assume le connotazioni di una grottesca commedia quando si scorrono i versi di una preghiera imposta agli alunni delle scuole italiane in Tunisia:
“Io credo nel sommo Duce – creatore delle Camicie Nere – E in Gesù Cristo suo unico protettore…”
Il vertice miracolistico, nell’apnea della recitazione, si racchiude nelle fatidiche righe :
“Fu prode soldato, ebbe dei nemici -Discese a Roma; il terzo giorno – ristabilì lo Stato – Siede alla destra del nostro Sovrano – Di là a da venire a giudicare il bolscevismo”.
Blasfemia e disturbata amplificazione, millantata retorica e militarizzata trascendenza, folle esondazione di caricaturizzati eccessi.
Tutto, già tutto era ormai perduto.
Lo si intuisce dai pensieri di qualche scolaro in catarsi:
“Il Duce lavora sempre o non dorme mai, o quasi. Chiude gli occhi ogni dieci minuti, poi si desta, si dà una bella lavata, e torna subito a lavorare che è fresco come una rosa”.
Per chiudere in afflitta bellezza, un’altra perla:
“Lui è molto coraggioso tanto è vero che, due ore dopo l’attentato di Bologna, andò a suonare il mandolino con la sua famiglia”.
E dopo averlo suonato con somma competenza nel salotto buono, il mandolino lo stampigliò sul didietro degli italiani, grande come una casa popolare che implode per la mascellare metodica della manutenzione.