In Ticino la battaglia politica s’infiamma. Pareggio dei conti sì o pareggio no? Alla fine l’ha spuntata il pareggio di bilancio, agendo prioritariamente sulla spesa. E poco importa se nel resto dell’universo mondo si fa debito, s’investe sul futuro, si pongono le basi per uscire dalla crisi. Noi invece saremo costretti a tirare ancora un po’ di più la cinghia. Tanto cosa vuoi che sia.
Lo ha deciso il Gran Consiglio accogliendo la proposta dei soliti tribuni. I Pamini e Morisoli che ha fatto del pareggio di bilancio l’ultimo loro cavallo di Troia per abbattere lo Stato, fiancheggiati dalla Lega a trazione Boris Bignasca e una fetta considerevole del PLRT che di radicale ormai ha solo la erre nel nome. Insomma il gran carrozzone della destra de noantri che va avanti senza vergogna.
Dove sia diretto è difficile dirlo, dato che di visione strategia non vi è traccia. Quel che è certo è che pur di non far pagare un centesimo in più ai ricchi, si fa strame del senso civico, di principi fondativi di una comunità come lo è, per esempio, la solidarietà. Ma del resto, che il Ticino sia un pianeta a sé, in cui la legge di gravità ha altri parametri non è una novità del presente.
Molti anni prima che arrivasse Donald Trump con la costruzione del muro al confine con il Messico, c’era già arrivato il Nano a dire la stessa cosa coi taglian e Fallitalia a Chiasso. Così, mentre il Gran Consiglio grigionese votava con 99 voti contro 2 il via libera a un primo credito di 67 milioni di franchi a favore della svolta ecologica, l’ammucchiata borghese del nostro Parlamento approvava con una manciata di voti di scarto l’iniziativa parlamentare sui tagli alla spesa.
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