Jerome Powell, a capo della Banca centrale americana, ha già detto che la battaglia all’inflazione non sarà indolore. Un aumento dei prezzi dei beni di consumo iniziato con la pandemia da Covid-19, ma che, con lo scoppio della guerra in Ucraina, ha registrato un’ulteriore accelerazione. Del resto ce ne siamo accorti tutti. Basta fare un pieno di benzina per rendersi conto del cambio di passo. Eppure c’è chi, in tutto questo, si sta arricchendo come non mai. Le multinazionali di gas e petrolio hanno fatto e stanno facendo affari d’oro. Alcune compagnie hanno registrato gli incassi più alti degli ultimi dieci anni.
Inflazione e aumento dei prezzi delle materie prime hanno fatto guadagnare, in appena tre mesi, 100 miliardi di dollari ai primi 28 gruppi del settore. I 28 maggiori produttori mondiali di petrolio e gas hanno infatti registrato incassi record malgrado il resto dell’economia globale non se la passi granché bene. Total, Shell, Exxon, British petroleum. Ovviamente i nomi dei colossi energetici chiamati in causa sono i soliti di sempre.
“L’avidità di queste aziende è sconcertante – ha detto al quotidiano inglese The Guardian Lori Lodes, direttore esecutivo del gruppo ambientalista Climate Power – Abbiamo sentito i loro dirigenti vantarsi di quanto l’inflazione e la tragedia della guerra in Ucraina gli abbiano permesso di aumentare i prezzi e questi profitti finiscono dritti nelle loro tasche”.
Proprio così, siamo alle solite. Noi tutti tiriamo la cinghia mentre i soliti noti si riempiono le tasche di soldi. Con aziende, responsabili a livello globale di disastri ambientali come quello verificatosi nel Golfo del Messico nel 2009, che esultano malgrado la ragione all’origine del loro successo sia una guerra. Senza dimenticare poi che la più grave crisi di sempre, quella climatica, nasce proprio dall’uso e abuso di combustibili fossili.
Non a caso, proprio in questi giorni, l’Agenzia internazionale per l’energia, ha detto no allo sfruttamento di nuovi giacimenti di petrolio, gas o carbone per evitare una sempre più imminente catastrofe climatica. Secondo gli esperti, per arrivare a emissioni zero entro il 2050, evitando che la temperatura media del Pianeta aumenti più di 1,5 gradi, buona parte delle riserve di petrolio e gas dovranno restare nel sottosuolo.
Lo stesso segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha dichiarato che “investire in nuove infrastrutture per i combustibili fossili è una follia morale ed economica”. Eppure, proprio come accadde nel 2003 con l’invasione statunitense dell’Iraq, le aziende petrolifere festeggiano profitti stellari fregandosene di ciò che accade appena fuori il loro orticello. Intanto tra un cin cin e l’altro i prezzi della benzina e dell’energia in generale continuano a salire, vanificando gli sforzi dei governi e delle banche centrali fin qui fatti.