La storia del lupo in Ticino e in Svizzera, ma anche in tutto l’arco alpino sta arrivando a un punto di svolta? L’abbattimento “facile” è un’opzione chiesta da più parti.
In questi giorni, le autorità vallesane, hanno deciso per l’abbattimento di un esemplare che ha ucciso 28 capi di bestiame. Secondo le autorità, le condizioni per l’abbattimento ci sono tutte. E anche per uno dei due esemplari presenti in Rovana sembra scriversi lo stesso destino, dopo il via di mercoledì da parte del Consiglio di Stato all’abbattimento.
Dalle nostre parti, le recenti frizioni tra contadini di montagna e il famoso canide celebrato in negativo da numerose fiabe, si fanno sempre più calde. (leggi qui sotto)
E anche in Ticino, Germano Mattei, ex “Montagna Viva”, chiede a gran voce azioni più nerborute delle autorità nei confronti del lupo. In un suo recente post, domanda ironicamente al ministro del territorio Claudio Zali, di telefonare al suo omologo vallesano per risolvere il problema. Sia mai che Zali stavolta abbia ascoltato qualcuno per davvero? Per non parlare dei cacciatori che vedono nel canide selvatico spesso solo un antagonista venatorio. (leggi qui sotto)
Ma il problema non è il lupo in sé stesso. La questione è molto più ampia e comprende tutto un discorso che prosegue da decenni e che ha visto, in questo lasso di tempo, numerose specie che l’uomo aveva cancellato quasi dai propri territori, tornare a vivere nei nostri monti: linci, orsi, lupi, gipeti, aquile, gufi reali. Specie ritenute “nocive” e che spesso, per i contadini del secolo scorso nocive erano e che hanno visto affacciarsi una nuova possibilità esistere.
Fare un discorso sulla biodiversità è quesi inutile ma va forse reiterato. Più specie ci sono e convivono, più l’ambiente è sano e variegato. Ma soprattutto, a fronte dei cambiamenti climatici repentini, che sono solo l’ultimo tassello di un modo scriteriato da parte dell’uomo di gestire il proprio territorio, dobbiamo domandarci quali sacrifici siamo in grado di fare.
Perché convivere col lupo o con l’orso, è un sacrificio necessario, e non si risolve nulla con abbattimenti continui. Così come il riscaldamento climatico non si risolve continuando a bruciare carbone. In questo secolo, siamo diventati consapevoli che stiamo sfiorando un disastro che rischia di metterci all’angolo come specie, e insieme a noi molti altri esseri viventi, che non troveranno più le condizioni adatte per sopravvivere. Tutelare la terra, il nostro mondo, vuol dire anche influire positivamente sull’ambiente, avendo cura di piante, animali e biotopi.
Non ha sensi diminuire le emissioni di anidride carbonica e proteggere le Bolle di Magadino per poi abbattere i lupi perché creano danni. I danni attuali fanno parte di un percorso che ci permetterà, se non siamo ottusi, di evitarne magari di molto peggiori in futuro. I contadini e gli allevatori possono decidere se diventare alleati in questo cambiamento oppure remare contro, ma così facendo vogano contro sé stessi.
Demandare solo agli allevatori l’onere però non è giusto. L’autorità, anch’essa deve comprendere bene quanto è importante che questo intreccio funzioni senza sfilacciarsi ad ogni minimo problema. Trama e ordito devono essere saldamente intrecciati per permettere un cambiamento repentino e logico che ci coinvolgerà tutti negli anni a venire. E il lupo, inconsapevole protagonista di questa storia, camminerà insieme a noi verso un futuro, speriamo, più verde e armonico.