Il conflitto in Ucraina, il conseguente peggioramento a livello globale della crisi alimentare, la pandemia tuttora in corso, la sempre maggiore polarizzazione fra ricchi e poveri e il surriscaldamento climatico che procede senza che si stia davvero facendo qualcosa per fermarlo con la graduale e progressiva distruzione degli ecosistemi e la conseguente riduzione della biomassa terreste, sono gli elementi che secondo un recente studio dell’Istituto per l’ambiente di Stoccolma ci stanno spingendo verso un punto di non ritorno. Una minaccia per l’esistenza e la sussistenza di miliardi di persone sull’intero Pianeta.
Il rapporto svedese ripercorre le decisioni politiche, passando in rassegna gli interventi fin qui messi in campo per la salvaguardia dell’ambiente, per contrastare la crisi climatica planetaria e combattere le disuguaglianze. E stando alle prove scientifiche fin qui raccolte, le crisi planetarie e umane che stiamo attraversando sono strettamente legate e intrecciate fra loro.
I dati a nostra disposizione ci mostrano quanto il benessere umano dipenda proprio da quei meccanismi del nostro Pianeta che stiamo cambiando. I processi naturali che supportano la vita sulla Terra sono stati violati e l’organizzazione delle comunità umane è caratterizzata dalle disuguaglianze. Del resto che stiamo per entrare in una spirale di autodistruzione lo sosteneva anche l’ultimo rapporto ONU sulle catastrofi naturali.
Potrebbe sembrare follia, eppure ci stiamo bellamente condannando all’autodistruzione. È ormai un dato di fatto. Siamo scimmie ancora pienamente convinte di avere il coltello dalla parte del manico. E invece, proprio come in ogni sistema che si autoregola e si protegge dai virus o da altre malattie indesiderate, anche la Terra, ha trovato la sua soluzione. La catastrofe all’orizzonte metterà a dura la sopravvivenza umana.
E forse non a caso, già oggi, guardando un telegiornale o leggendo il giornale si ha sempre più spesso l’impressione di abitare in un incubo nel quale ad un disastro ambientale se ne aggiunge immediatamente un altro, in una spirale inarrestabile. Alluvioni, inondazioni, incendi, epidemie si susseguono a un ritmo sempre maggiore. E ad essere colpita è la popolazione di tutto il mondo, senza eccezioni.
A certificarlo c’è il rapporto dell’Ufficio per la riduzione dei rischi connessi ai disastri delle Nazioni Unite. Il numero dei disastri naturali occorsi negli ultimi vent’anni è di cinque volte superiore alla media registrata nei trent’anni prima. E le previsioni sono di grande allarme. Entro il 2030, ci saranno tre volte più ondate di caldo estremo rispetto al 2001 e l’aumento di un terzo rispetto agli episodi di siccità. Tutto ciò porterà inevitabilmente anche a un aumento di pandemie, carestie e guerre. Il futuro dell’intera umanità è così tutt’altro che roseo.
Ecco perché prepararsi a ciò che ci aspetta è l’unica soluzione possibile. L’unica ancora di salvezza è investire nella prevenzione dei disastri ambientali. Una necessità dettata dal fatto che se nel 1990 si spendevano circa 70 miliardi di dollari all’anno per coprire i danni inflitti da eventi metereologici estremi oggi siamo passati a 170. Eppure, le politiche fin qui messe in atto per far fronte allo tsunami annunciato, sono ancora insufficienti e poco incisive. Intanto la catastrofe già bussa alla porta.