Dunque, secondo l’ultimo rapporto del Bak di Basilea, sbandierato da tutti i mezzi di informazione, l’economia ticinese ha le vele in poppa e stacca tutti gli avversari. Ma sarà vero?
Non Solo PIL
Salari, Paperoni e populismo
Mentre la politica si prepara per la campagna elettorale, non si è ancora riusciti a definire quale deve essere il salario minimo, ma nemmeno a impostare una vera politica di crescita economica. Ma questa è una costante degli ultimi cinquant’anni. L’unico obiettivo sembra essere quello di concentrare la ricchezza sempre di più nelle mani di un piccolo gruppo di privilegiati. Ma fino a quanto sarà possibile?
Il minestrone alla ticinese
Negli scorsi giorni il Credit Suisse ha pubblicato il rapporto sulla Qualità della localizzazione dei cantoni e delle regioni svizzere. (leggi qui) Da questi
La tempesta perfetta
Possiamo essere può o meno d’accordo sulle cause o le conseguenze, sugli errori commessi dal passato (dalla maggior parte delle forze politiche comprese quelle di sinistra) e sul potere della finanza, ma la realtà è che se dovesse veramente iniziare un’altra crisi finanziaria le conseguenze per l’economia reale sarebbero molto pesanti – quindi per tutti noi – perché oggi le casse pubbliche della maggior parte dei Paesi sono desolatamente vuote e non solo non sarà possibile salvare le “too big to fail” ma anche avere le risorse per provare a rilanciare una seppur debole crescita.
I sintomi di un disastro sempre più prossimo
La strada intrapresa negli ultimi decenni sembra senza speranza, ma naturalmente si potrebbe invertire la rotta riportando l’attenzione economica sulla domanda il che non deve essere una strategia meramente economica, ma potrebbe avere implicazioni sociali e politiche.
Povertà e populismo
7% di poveri in Svizzera, il doppio in Ticino. Il dato è conosciuto da anni, ma il fatto che se ne sia parlato a Palazzo federale negli scorsi giorni è significativo, anche perché si è deciso di ridurre gli aiuti diretti per risolvere il problema.
Vitta: la solita minestra elettorale
Gli sgravi fiscali di oggi sono la pallida emulazione di politiche reaganiane degli anni ‘80. Politiche dimostratesi fallimentari. Rimpiangere la ministra Masoni è quasi doveroso.
Le élite continuano a spartirsi la torta
Le classi dominanti, in America come altrove, hanno creato una “casta” che ha visto la sua posizione economica migliorare negli ultimi decenni a scapito del rimanente 90% della società. E nel nostro Paese succede la stessa cosa: l’1% della popolazione più ricca ha visto evolvere il loro patrimonio dall’8,5% del Pil negli anni ’90, al 12% di oggi, mentre il reddito pro capite è sostanzialmente stabile a partire dell’inizio del secolo.
Meno disoccupati, meno qualità del lavoro
Negli ultimi due decenni alcune cose importanti sono cambiate. A cambiare è stato soprattutto il lavoro che è diventato sempre più “flessibile” e precario. È vero che il tasso di disoccupazione è basso, ma bassa è anche – spesso – la qualità del lavoro non solo dal punto di vista salariale, ma anche di quello della “gratifica morale” e della valorizzazione dell’individuo.
La realtà e i sogni di Trump
Che una maggior protezione del mercato nazionale sia un’idea che si dovrebbe considerare, non è così assurda, ma il tema non può essere affrontato unilateralmente e dovrebbe essere studiato ed approfondito, bilanciando quelli che sono i reali vantaggi del mercato globale e quelli che invece dovrebbero essere i vantaggi locali, anche – e soprattutto – per i Paesi più poveri.